Saltano tutti tranne i Grilli

Bersani annuncia le dimissioni dopo l’elezione del Presidente. Il leader di Sel pronto all’intesa con M5S, Renzi pensa un po’ per sé e un po’ per tutti. I giovani democratici ascoltano attentamente Andrea Cecconi e Giulia Sarti, che li consigliano su una più che fattibile intesa “a patto che vi allontaniate dagli schemi dei vostri vecchi capi.”
Tutta l’opinione pubblica, personalmente anche la mia, è d’accordo su un unico fattore: il PD è in rotta definitiva, stavolta i cocci del vaso sono troppo piccoli per riattaccarli tutti. Lo pensa persino Romano Prodi, che ritira la sua candidatura a Presidente della Repubblica dopo il flop della quarta votazione, ma aggiunge che Bersani ora “deve prendersi le sue responsabilità.” Ergo, se non ce la fai, lascia.
Un atteggiamento arrendevole e molle che tuttavia rispecchia l’andamento politico di queste ultime elezioni. Si era detto che l’unico vincitore fosse Grillo col suo Movimento, si pensava fossero solo statistiche. Sì, tolte le coalizioni il suo partito era quello col più alto numero di voti, ma che importa? Destra e Sinistra sono comunque in pole position. Ebbene, visto che ora sta succedendo, si può scrivere in modo che tutti noi capiamo perfettamente.
L’obiettivo di Grillo era mandarli a casa in tutti i sensi, ma ovviamente, con un sistema di voto regolare, l’operazione poteva risultare lunga e complessa. La manna dal cielo è un capro espiatorio che mostri all’Italia cosa davvero pensano i politici che gli italiani hanno votato. Si è arrivati alla quinta votazione stamane, e sarà l’ennesima fumata nera con Rodotà che forse non supererà i 300 voti. Ciò che si è visto fino ad ora, quindi, è una sinistra divisa in fazioni, ogni fazione rappresentata da un personaggio politico che la pensa diversamente da un altro; ma se provengono tutti dallo stesso Partito, com’è possibile che Renzi cerchi la gloria personale, che Vendola voglia gli accordi con Grillo, che la Bindi si dimetta da Presidente di Partito, che Bersani dia le dimissioni, che Prodi (fondatore del centrosinistra che conosciamo) abbandoni tutto e inviti altri a farlo, che Franceschini faccia il saccente dalla distanza?
Questo è il risultato di questi venti anni di politica, seguiti da Mani Pulite. Una Destra che prende il potere in modo non tanto più pulito che il precendete partito di Craxi (ricordiamo, infatti, che Lega Nord non nasceva come partito di Destra o Sinistra, ma esattamente come il Movimento a 5 Stelle: solo poi, si è diradata verso la Destra, favorendo gli imprenditori agli operai). Una Sinistra che si divide per ogni idea che in quarant’anni di DC e venti di PCI e PSI era uscita fuori da molte menti, ma per il benessere del Partito forte, nessuno aveva parlato, potuto esprimerla o essere ascoltato attentamente. Ora si vive il delirio di onnipotenza della Democrazia, la sua incompleta compiutezza. E’ vero che la Democrazia, nell’uguaglianza di diritti, favorisce la diversità di opinioni, al punto da porle in contrasto fra loro. Ma il vero significato della Sinistra democratica e comunista, tanto odiata da Berlusconi, è proprio creare un’idea contenitrice di queste diversità: estrapolare il meglio da ciascuna, per seguire il bene comune. Insomma, questa idea non è riuscita in vent’anni dallo scandalo di Tangentopoli, e queste idee diverse ora si scontrano, non trovano un punto d’accordo nei valori della Sinistra (che secondo me, solo perché ora c’è questa situazione significa che non sono mai stati compresi), perciò si dividono. Ognuno per la sua. Bersani, Renzi, Vendola, Bindi, Franceschini, Giovani Democratici.
Per questo Grillo è il vero vincitore. Perché non ha mai iniziato ad esserlo, se non ora. “Divide et impera” diceva Filippo il Macedone. Lo si deve fare in modo che nessuno si accorga del soggetto operante: difatti, Grillo non ha fatto nulla. Ci ha pensato la Sinistra a sfaldarsi e ci ha pensato la Destra a perdere credibilità nei suoi elettori, volendo coinvolgere la Sinistra in Parlamento e professando il culto del “non ci arrendiamo/mandiamo a casa questa Sinistra autoritaria” nelle piazze. E Grillo, integro, è lì che osserva, controlla, e non vede l’ora di nuove elezioni: con i voti così divisi, senza il fantasma di alcuna coalizione, oltre queste battaglie potrebbe vincere la guerra.
Sta accadendo come negli anni del Fascismo. La differenza è che i Fascisti fecero una marcia su Roma e non un live in diretta streaming. I Fascisti ottennero il potere subdolamente, agendo verso un colpo di Stato e tappando a modo loro i dubbi e le falle degli italiani che non capivano dove stavano i problemi. Grillo invece ne trova altri, oltre quelli che già ci sono; non fa nulla per mostrare al popolo dove questi siano, perché basta guardare la politica da qui a venti-trent’anni per capirlo; non agisce in modo oppressivo sulla scena politica, ma sulle masse affinché agiscano in modo oppressivo (e questo come il Fascismo); ma soprattutto, hanno fatto tutto loro. Grillo non ha toccato nemmeno con un dito tutti i Partiti chiamati in causa alle Camere. Sono stati loro ad autodistruggersi, lui è rimasto solo lontano dall’esplosione.
Insomma, non dico che il Movimento sia come il Fascismo, solo senza violenza e con un po’ più di culo. Dico che la situazione è la stessa, e dico l’uomo può essere sempre così stupido per ricascare in una dittatura. In fondo, governare o essere governati fa parte della nostra indole. E per ora non mi sembra che il popolo stia governando, rappresentato in nessuno dei Partiti laggiù nelle due Camere.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.