La prigione è casa tua.

Ryokei Namiki, un Hikikomori giapponese fotografato durante una seduta psichiatrica: è lo psicologo a recarsi da lui. Il ragazzo, se esce, è solo per "procacciarsi" il cibo per vivere.
Ryokei Namiki, un Hikikomori giapponese fotografato durante una seduta psichiatrica: è lo psicologo a recarsi da lui. Il ragazzo, se esce, è solo per “procacciarsi” il cibo per vivere.

Sono ragazzi compresi nella fascia d’età 16-30 anni, vivono completamente isolati nella loro dimora e non mettono mai piede fuori casa. La loro estraniazione dal mondo può durare da qualche mese fino a parlare addirittura di una decina d’anni. I primi casi di questo strano fenomeno vennero fuori a metà degli anni ’80 del secolo scorso: a scoprirne i sintomi fu lo pischiatra Tamaki Saito, che lo rinominò in gergo Hikikomori, che vuol dire letteralmente “stare in disparte, isolarsi.”
Il dottor Saito studiò la sintomatologia dei pazienti che aveva avuto modo di osservare. A parte varie caratteristiche peculiari inerenti soltanto alle loro passioni, unica cosa che sviluppano durante questo periodo eremitico, quei giovani mostravano letargia, mancanza di comunicazione e un’indole all’isolamento totale, oltre a soffrire di depressione e di comportamenti ossessivi-compulsivi.
La giornata tipo di un Hikikomori si svolge nell’ozio tra leggere libri e fumetti, girovagare a vuoto nella stanza e navigare su internet. Hanno un ciclo giornaliero completamente invertito, vivendo la notte per dormire di giorno. Ricercano contatti sociali stando al computer, il modo perfetto per evitare ogni minimo contatto fisic. Si è anche riscontrato che questo stile di vita che l’Hikikomori crea influisce moltissimo sul suo futuro prossimo: molto presto tende a perdere ogni tendenza sociale ed ambientale con l’esterno e il mondo al di fuori della stanza, perde la capacità di comunicare vocalmente e con altre persone.
Un hikikomori generalmente non lascia mai la propria abitazione, ma in rari casi ha la necessità di farlo. Così raccoglie le energie (altro fattore di questa patologia è la totale perdita di ogni forza fisica e mentale per affrontare qualunque cosa) ed esce: si reca nei negozietti aperti 24 ore su 24 ad orari improbabili, nella speranza di non incontrare nessuno; si procura il necessario per vivere un’altra settimana e poi torna a casa. Inoltre, un’altra cosa di cui necessita è ciò che lo mantiene in vita in questi anni d’isolamento:, ossia gadgets di ogni sorta di manga, anime e soprattutto Galge.
I Galge sono giochi di ruolo (nel caso dei gadgets, statuine di ragazzine in completini sexy) caratterizzati da una certa continuità temporale, come Skyrim o GTA, in cui vivere una sorta di seconda vita. Il giocatore si ritrova catapultato in un mondo di animazione digitale in cui ha l’obiettivo di creare relazioni e scoprire le parti intime di quante ragazze vuole. Il gioco termina dopo aver soddisfatto una certa quantità di requisiti base, come “conquista 100 ragazze” oppure “devi avere almeno 10 rapporti sessuali”. La peculiarità di questi videogiochi per computer è l’età media ed il design delle protagoniste: sono in genere ragazzine delle medie, al massimo dei primi anni di liceo e a dir poco maggiorenni, che proiettano nel giocatore una curiosità accattivante: le loro battute, movenze e scene situazionali sono costruite proprio per far continuare a giocare. Ma com’è facilmente desumibile dal contesto, non è questo il vero motivo per cui tutte queste persone (410.000 secondo gli ultimi dati dell’Università di Okinawa, quasi 2 milioni secondo Saito) decidono di non vivere più nel mondo.

I rimasugli di ciò che normalmente un Hikikomori consuma, che fa anche capire il suo stile di vita.
I rimasugli di ciò che normalmente un Hikikomori consuma, che fa anche capire il suo stile di vita.

I ragazzi che soffrono questo disturbo alloggiano in monolocali, a volte bilocali, completamente soli. Data la cinica mentalità della società giapponese, sin dalle medie gli studenti sono spinti dai propri genitori a dare il massimo, ed è ciò che influenza maggiormente la vita dei giovani giapponesi. La mancanza del padre (statisticamente nella società giappnese è sempre fuori per lavoro o risulta assente in casa per il 75% delle famiglie) e un ripiego compulsivo delle astrazioni della madre nelle azioni del figlio fanno scaturire nel possibile “malato” i primi sintomi. Ci sono dati giudiziari che riportano arresti di madri intente a spronare i figli a discapito delle loro condizioni fisiche. Che importa se non mangia molto o se diventa irrimediabilmente miope, gobbo, stralunato, quando prende tutti dieci al liceo e ottiene così i posti più importanti nelle migliori Università del Giappone?
Per questo motivo, spesso i ragazzi sono mandati a vivere soli, alloggiando presso le sedi di studio dove posso completare il loro percorso di laurea o diploma: i soldi che i genitori inviano mensilmente sono per l’affitto, i bisogni primari, le eventuali bollette e qualche svago se sono abbastanza ricchi da concederlo. Con quella paghetta mensile, Hikikomori lo si può diventare che è una bellezza. Cresciuti a pane e competizione, sono in molti quelli che perdono le speranze alle prima difficoltà, e una volta soli possono rilasciare lo stress e il malessere accumulato, vivendo nel loro personale mondo. Insomma, è quasi un autismo su larga scala, una grande sindrome di Asperger che li danneggia gradualmente. Un altro dato statistico è data dalla bassa mortalità di Hikikomori per sucidio: gli studi hanno rilevato che tutti i soggetti pensano a togliersi la vita, ma quasi tutti rinunciano perché la loro compiacenza nel vivere in questo modo e una sorta di narcisismo che s’impossessa di loro li tiene a galla e li fa desistere.

In Europa il fenomeno ha iniziato a diffondersi in questo primo decennio del Duemila. A Parigi sono stati rilevati 30 casi di Hikikomori fra il 2011 e il 2012, mentre in Italia si parla addirittura di 3 milioni di persone fra i 14 e i 40 anni. Tuttavia è opportuno precisare che spesso questa patologia, qui da noi, viene comunemente associata allo stile di vita Nerd, interamente dedicato alla tecnologia e alla vita su internet, con l’aggiunta di avere particolari passioni ossessive per film, libri, manga, ecc.
Le cause sono diverse, e variano anche a seconda della zona del mondo in cui ci troviamo. Se stiamo parlando del Giappone, è necessario dire che la competitività spietata che vige nel loro sistema gerarchico-sociale causa la perdita e la depressione di molti soggetti, anche di chi è molto attivo a livello sociale e professionale. Casomai un ragazzo trovasse difficoltà a stare al mondo, e non solo non venisse aiutato, ma pure spronato a forza a continuare comunque, cercando di fargli cancellare ogni dubbio o insicurezza semplicemente “non pensandoci”, allora il trauma diventa come una goccia d’acqua al centro di una bacinella, che crea increspature fino al bordo, dove trabocca. Depressione e chiusura verso le persone più vicine fanno seguire una sfiducia e un allontanamento da tutto e tutti, diffidando persino di mettere il piede fuori casa, tra la paura di essere giudicati e di entrare in conflitto. La pace il benessere che si creano nel loro piccolo mondo è proprio uno specchio mentale dell’immagine del mondo che vorrebbero vivere. Proprio per questa loro immobilità, spesso gli Hikikomori non si rendono nemmeno conto di quanti anni hanno, di quanto siano cresciuti e del trascorrere del tempo in generale.
Le cure per questo fenomeno sono le solite che si potrebbero consigliare, poiché è una malattia sociale e mentale frutto di una società che noi stessi abbiamo e stiamo costruendo: psicofarmaci e tante, tante relazioni col prossimo. Una cura vera e propria, almeno per ora, non c’è. Ma in Giappone si sono attivati in molti, tra forum e operazioni di volontariato come la New Start, per denunciare questo disturbo psichico e cercare di venirne a capo per impedire che possa espandersi sempre più. Persino nei manga e negli anime si parla di questo fenomeno: il romanzo semi-autobiografico di Tatsuhiko Takimoto “Wellcome to the NHK”, trasposto poi in una ventina di puntate anime, è la storia di Sato, un tipico ragazzo Hikikomori che, oltre ad attraversare in modo altalenante le cinque fasi del cordoglio di un trauma (Negazione, Rabbia, Patteggiamento, Depressione, Accettazione), inizierà lentamente ad uscire di casa fino a “guarire” per sopravvivenza (i genitori, a causa di una crisi di lavoro, non potranno più spedirgli l’assegno mensile).
E’ una malattia recente, tutt’altro che trascurabile, che s’intona perfettamente con il colorito bianco, apatico e apparentemente benestante di una società che nasconde ogni sorta di malanno psichico al suo interno. Il terrore di affrontare la vita può far divntare un normale ragazzo in un appassionato videogiocatore, forse fin troppo, forse fino al punto di non uscire più di casa per anni, segregato solo in ciò che può dargli una parvenza di vita, così come lui la vorrebbe.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.