La leggenda di Freddie Mercury

Farrokh Bulsara (Stone Town, 5 settembre 1946 – Londra, 24 novembre 1991)

Freddie Mercury, un ragazzo nato a Zanzibar, che ne vive la rivoluzione, il collegio scolastico (dove ottiene il massimo dei voti nelle discipline sportive) e che a 18 anni approda in Inghilterra, dove si fa subito riconoscere per la voce che fonde le orecchie dei nostri I-Pod nelle notti insonni, quando non vuoi sentire altro che Under Pressure, Bohemian Rhapsody, o qualsiasi altra canzone abbia lui come catalizzatore di sentimenti.
Nato il 5 settembre 1946. Morte fisica: il 24 novembre 1991. Morte spirituale: tutt’ora in vita.
Un artista a 720 gradi, capace di rivoluzionare il mondo della musica, e di ricrearlo, e di farlo rinascere sotto un’altra forma più melodica e sensazionale. Un uomo che ha cambiato così tanto la storia del mondo e della musica, che la sua eterna volontà d’artista ha fatto sì che divenisse lui stesso parte di una storia. Quella della musica di tutti i tempi.
Nel 1970 in Inghilterra fonda una rock band e decide di chiamarla “Queen”, perché “è un nome regale e sembra splendido”. E’ una band nata in seguito allo scioglimento dell’ultima formata, gli Smile, e al deterioramento/fallimento di altre band precedenti (quali gli Ibex, rinominata poi Wreckage). Il genio e la creatività di Farrokh (che prima dei Queen non aveva ancora cambiato nome) lo porta a far litigare i membri del gruppo che andranno a formare una delle band rock più famose del pianeta terra; il trio originale, formato da Freddie, May e Taylor, è così formato.
Dopo l’uscita della canzone “My Fairy King”, il cantante dei Queen decide di adottare il nuovo nome Freddy Mercury. Disegna anche il logo dei Queen, in qualità della sua formazione da grafico: si basa sullo stemma reale del Regno Unito, includendo nel logo i segni zodiacali dei quattro componenti della band.
Nel 1974 dichiara al mondo di essere “gay come una giunchiglia” e in quegli anni il suo look lo porta ad avere capelli lunghi e unghie con lo smalto, e da genio che era approfitta di questa sua particolare condizione ed eccentricità, facendo di ogni successivo concerto un vero e proprio spettacolo musicale dai risvolti teatrali, un’emozione per chiunque vi assista. Alcune cose, poi, diventano una vera tradizione della rock band: Mercury e May si presentano truccati e vestiti totalmente in bianco e nero, chiudendo i concerti lanciando rose agli spettatori, brindando con loro con champagne e intonando God Save the Queen, l’inno nazionale del Regno Unito.
Con il successo dei vari album, nel 1975 viene fuori anche il logo musicale del gruppo, l’autentica rivoluzione che non li farà mai più dimenticare nel mondo degli spartiti: Bohemian Rhapsody.
Nel 1980 Feddie cambia ulteriormente il suo look, divenendo il prototipo dell’icona gay che va molto di moda in quegli anni: il “Catro Clone”, ovvero tiene i capelli corti e i fa crescere i baffi. Il 1981 è l’anno della Germania, in cui lui stesso dichiara di non riuscire a lavorare in condizioni psicologiche favorevoli a causa della vita notturna.
Con l’ultimo album “Hot pace”, la band non si riconosce musicalmente per quella che è davvero, e l’aggiuntiva insoddisfazione dei fan gli dona il pretesto per separarsi per un breve periodo; è l’anno 1982, in cui Freddie Mercury si cimenta come solista nel mondo della musica, collaborando anche con un compositore italiano per la restaurazione della colonna sonora di “Metropolis”, il film di Fritz Lang. Dopo questa breve parentesi, tuttavia, la band si ritrova, donando al mondo il più grande concerto della storia fino ad allora mai ascoltato e veduto.
E’ l’anno 1985, la data il 13 luglio, e l’occasione nella quale si esibiscono è il Live Aid, un concerto umanitario a cui partecipano i big internazionali della musica, allo scopo di raccogliere soldi per risanare una forte carestia avvenuta in Etiopia. 72.000 spettatori e gli artisti che si sono esibiti ascoltano e osservano i venti minuti dei Queen, e giurano che quella sia una delle performance migliori di tutti i tempi.
La tourée più imponente e spettacolare del gruppo è quella iniziata a Stoccolma, il “Magic Tour”, il 6 giugno 1986: l’11 e 12 luglio tornarono a suonare al Wembley Stadium, davanti entrambe le serate a 70.000 persone, per quelli che divennero due dei loro concerti più famosi e celebrati.[55] In questi concerti indossò la giacca gialla che divenne simbolo del cantante. Freddie concluse gli spettacoli sulle note di God Save The Queen, vestito da re, con pelliccia e corona. Davanti a 120.000 spettatori, nel parco di Knebworth, il 9 agosto, I Queen si esibiscono per l’ultima volta, ed è l’ultimo concerto di Freddie Mercury.
Nella primavera del 1987 risulta positivo al test dell’HIV, e lo dichiara al pubblico. Nonostante questo, continua la sua attività pubblicando l’album ”Barcelona” nel 1988, e la title track diventa l’inno delle Olimpiadi che si terranno a Barcellona nel 1992.
L’ultimo album con i Queen si chiama “Innuendo”, l’ultimo video in cui appare è These Are the Days of Our Lives, dimagrito, stanco, ma con le note che gli scorrono nelle corde vocali.
Il 22 Novembre 1991 convoca il manager della band nella sua ultima dimora, a Earls Court, Kensington, Londra. Fa redigere un comunicato, le ultime parole scritte della sua vita:
<Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell’HIV e di aver contratto l’AIDS. Ho ritenuto opportuno tenere riservata questa informazione fino a questo momento al fine di proteggere la privacy di quanti mi circondano. Tuttavia è arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e a quelli del mondo intero nella lotta contro questa tremenda malattia…>
24 ore dopo, alle 18:48 del 24 novembre 1991, all’età di 45 anni, muore Freddie Mercury.
La sua infatuazione per Jimi Hendrix, le collaborazioni con personaggi dal calibro pazzesco, fra cui David Bowie con “Under Pressure”, i tributi degli artisti futuri, fra cui Elton John, Michael Jackson. Quel tenore leggero, che fumando ha accresciuto e potenziato la sua voce, rendendola quella che per fortuna ancora oggi possiamo riascoltare, è entrato a far parte di un mondo che trascende i gusti, le opinioni, i pensieri e le generazioni che hanno assistito, che sono nate dopo, che prima o poi sentiranno parlare di lui. Qualsiasi cosa tu faccia e dica, non puoi dire che Freddie Mercury non sia stato un genio, e che non sia stato l’articolo determinativo della frase “La Musica”.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.