Intuizione o Intelligenza? Nel dubbio, l’Angoscia!

Bergson paragona l’intelligenza al lavoro di un sarto che ritaglia perfettamente una parte di stoffa, per farne un vestito, una manica, o un pezzo di pantalone. L’intelligenza è analitica, razionale, è valutazione dei dati di fatto verso l’utile di quel momento. E’ il pensiero cui una mente umana può ambire per sentirsi attiva e completa. Tuttavia, l’intelligenza è frutto di una visione d’insieme, e la sua azione deriva da un’opposta scelta di caos e irrazionale.
La parola “intelligenza” deriva dal latino “intelligo”, e in una delle tante traduzioni si legge che vuol dire anche “capire a partire da”. Questa definizione ha già detto tutto ciò che ci serve per argomentare una spiegazione verso l’irrazionale. Quel sarto, che ora ha in mano un vestito ricavato da un po’ di stoffa, aveva tutta la stoffa ancora intatta, da tagliare. Come ha scelto la dimensione, la quantità, il colore, la qualità, come ha sezionato proprio quel pezzo e non un altro, è frutto dell’intuizione, ossia una proiezione dell’intelligenza primordiale che orienta l’intelligenza effettiva, e senza la quale la nostra intelligenza sarebbe un misero catalogo di nozioni senza collegamenti fra loro.
L’intuito è ciò che spinge l’uomo a trovare simpatica una persona anziché un’altra, a pensare che quell’oggetto gli possa essere utile un giorno, a trovare perfetta questa giornata e disastrosa quella di domani e non sapere perché. Per questo concetto molti suoi contemporanei lo accusarono di essere totalmente irrazionale, abolendo nel suo pensiero il concetto di Intelligenza. Bergson non pensa affatto che l’intelligenza non serva a nulla, ma semplicemente che essa non sia l’unico strumento di conoscenza a disposizione dell’uomo. L’intuizione egli non la sottovaluta, ogni idea che ha cambiato il mondo, ogni azione non volontaria o non ponderata, per poi ricavarne conseguenza con la nostra intelligenza: sono frutto di quest’altra forma di conoscenza, potente e incontrollabile a parer suo.
E qui mi permetto di aggiungere una mia personale idea. Bergson, ne “L’evoluzione Creatrice”, insiste a dire che l’uomo concepisce il tempo non come uno scorrere, ma come un sovrapporsi di stati d’animo e di emozioni, che si dimenticando vicendevolmente sostituendosi ed evolvendosi nel tempo: però lo stesso sentimento di amore verso qualcuno, come qualsiasi altro sentimento, non è soltanto identico e un po’ più forte o meno forte di prima, ma è totalmente diverso. Eppure si riferisce sempre a quel determinato sentimento, che l’uomo riconosce dentro di sé. Secondo me, il sentimento dell’Angoscia può fungere da movente del sapere. Dall’uomo delle caverne ai bambini, dallo studio forsennato ai casi di sopravvivenza, l’uomo impara per non perire, impara per vivere oppure è spacciato. Intelligenza ed Intuizione sono forme di conoscenza, ma l’Angoscia potrebbe essere la causa di questo conoscenza.
Ciò che spinse gli uomini a nascondersi nelle caverne la prima volta che videro i fulmini e la pioggia, ciò che spinse gli intellettuali a voler svegliare la gente dal torpore delle dittature totalitarie, secondo me è questo sentimento.
Liberi di smentirmi, ovviamente.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.