Ghost in the Shell: Cartesio incontra Asimov

René Descartes diceva che l’uomo è una macchina col privilegio del dubbio. È cioè il meccanismo più complesso e particolare della natura, con organi e articolazioni funzionali a svolgere determinati esercizi per consentire la sopravvivenza dei meccanismi biologici, fino a che la “macchina” si usura e infine si spegne causando la morte. Il filosofo francese era ben lontano da sapere com’è fatta nel dettaglio la gran parte del corpo umano: credeva che il calore fosse causato dal sangue che letteralmente “ribolliva nelle vene”, o che nel mezzo del cervello ci fosse una “ghiandola pineale” in grado di collegare l’anima al corpo e di essere il fulcro del nostro pensiero. La scienza gli diede torto nella maggior parte dei casi, ma non la cultura. Specie quella cibernetica.

Ginoidi (geishe prostitute robotizzate) nel film "Ghost in the Shell: Innocence"
Ginoidi (geishe prostitute robotizzate) nel film “Ghost in the Shell: Innocence”


L’affascinante idea che associa una ghiandola contenente l’anima dell’essere umano con un organismo che non ha niente di umano, ma costruito a sua immagine e somiglianza, ha affascinato nel giro un secolo molti intellettuali e letterati. A cominciare da Mary Shelley, con “Frankenstein”: la storia di un dottore curioso di conoscere se poteva donare la vita ad un corpo che ne era privo. Con l’elettricità procurate da un particolare tipo di anguilla, decine di cadaveri e i giusti “ingranaggi”, la creatura prese vita e fu persino capace di avere dei pensieri.
Più avanti arrivò anche Isaac Asimov, con le sue famose novelle fantascientifiche. Scrittore “cyberpunk” di culto per molte generazioni, ispirò la scienza, la robotica e gli studi di ingegneria applicata alla costruzione di automi o di macchine in grado di avere una memoria esterna capace di renderle “vive” per eseguire dei comandi. Gli automi c’erano anche ai tempi di Cartesio, come dimostrano molti carteggi epistolari che ebbe in Olanda e in Francia; ma capaci di compiere operazioni più complesse di muovere un arto o contare il tempo che scorre no, ai suoi tempi era del tutto irrealizzabile o appena pensabile.
Le intuizioni brillanti del filosofo razionalista non terminano qui. Una volta spiegato che il corpo umano si comporta alla stregua di una macchina operante in maniera eccellente, comparandone la morte con la cessazione delle attività biologicamente utili, o la malattia con un malfunzionamento o l’ingresso di corpi estranei all’interno degli ingranaggi del sistema, ha dato il via alla differenza che sussiste tra un semplice macchinario ed il corpo umano: quest’ultimo è dotato di pensiero, poiché può dubitare di ciò che è e che fa, e se lo fa significa che può decidere di “non” fare qualcosa, o di pensare “altro” dal mondo esterno cui è collegato. Può pensare sé stesso, ed è una cosa che secondo Cartesio gli animali (automi biologici) e le macchine non possono fare.
E se si sbagliasse?

Costruzione di un corpo umano robotizzato in "Ghost in the Shell".
Costruzione di un corpo umano robotizzato in “Ghost in the Shell”.

Partendo dal presupposto che “Ghost in the Shell” (manga del 1989 scritto e disegnato da Masamune Shirow, poi reso film nel 1995 per la regia di Mamoru Oshii) sfida almeno con l’immaginazione l’assunto di Cartesio, dimostrando che con le giuste tecnologie sarebbe possibile ricreare l’intero apparato umano, con tanto di cosciente attività cerebrale, le leggi di Asimov sono diventate con gli anni un vero e proprio regolamento. L’intero settore mondiale della robotica ne ha riconosciuto l’efficacia, proprio nel caso un’eventualità simile a quella di “Ghost in the Shell” si potesse avverare. Esse sono quattro, e vanno dalla Legge Zero alla Legge Tre:
0: Un robot non può danneggiare l’Umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’Umanità riceva danno;
1: Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno, a meno che questo non contrasti con la Legge Zero;
2: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che questi ordini non contrastino con la Legge Zero o la Prima Legge;
3: Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno che questa autodifesa non contrasti con la Legge Zero, la Prima o la Seconda Legge.
Una cosa che si può notare subito è come Asimov abbia voluto proteggere il genere umano con una concatenazione di regole ferree e tese a limitare le azioni dei robot. Almeno nella sua immaginazione, era cosciente che un cervello completamente robotico, se al suo interno venissero impiantate una moltitudine di informazioni con lo scopo di collegarsi a precisi stimoli esterni, avrebbe potuto ragionare per conto suo, compiendo anche azioni che rimandano ad un terzo pensiero, dopo un primo ed un secondo. Del resto è ciò che avviene con Internet: una serie di informazioni tende a collegare una notizia con almeno altre dieci, e così via; i bot di calcolo, utlizzati in ambito scientifico, smistano queste informazioni in modo autonomo, servendosi di tutti i dati necessari a creare ponti e collegamenti tra le varie informazioni. È stupefacente solo per questa domanda: voi riuscireste ad immagazzinare e smistare nella rete 120 milioni (numero approssimativo) di nozioni in un solo giorno?

Una scena tratta dal film "Matrix" del 1999, di Lana e Andy Wachowski.
Una scena tratta dal film “Matrix” del 1999, di Lana e Andy Wachowski.

Nel film “Ghost in the Shell” sono proprio i robot a prendere la parola, ad avere dubbi cartesiani, a comportarsi e ad essere interamente umani, sebbene siano composti di materiali artificiali, creati dall’umanità. L’antagonista in questione, “il Burattinaio”, l’hacker più pericoloso del mondo, ha dato vita a sua insaputa a Lei: questa entità non solo si rifiuta di definirsi un Intelligenza Artificiale, ma dice di possedere una coscienza propria in quanto figlia del flusso di informazioni che si è trovata a metabolizzare al suo interno. E se riflettiamo, notiamo come effettivamente gli esseri umani si riproducano scambiandosi i geni durante il rapporto sessuale e di come una creatura venga al mondo con in sé una lista di informazioni che rifanno ai due principali input, il padre e la madre. Una volta che donano vita a questa creatura, essa agisce in maniera del tutto autonoma, nonostante anche lei sia dotata degli stessi requisiti di tutti gli esseri umani, in maniera maggiore o minore a seconda di quanto sia sviluppato il suo cervello o il suo corpo. Perciò la differenza diventa sostanzialmente una: creando una vita in maniera artificiale, si riduce maggiormente il margine di errore e si evita il travaglio naturale della nascita e della crescita.
Ecco perché è necessario regolare i processi mentali dei robot con leggi rigide: troppa razionalità porta ad agire senza empatia, elemento fondamentale delle relazioni umane, che i robot hanno solo di rimano in quanto perfetta imitazione degli esseri umani.

Motoko Kusanagi, la cyborg  protagonista di "Ghost in the Shell".
Motoko Kusanagi, la cyborg protagonista di “Ghost in the Shell”.

Questo argomento ha spesso suscitato discussioni ben oltre l’aspetto fantascientifico, specie dopo la realizzazione in carne ed ossa di “Ghost in the Shell”, la trilogia di “Matrix” liberamente ispirata al film di successo. Ora che la tecnologia ha reso possibile l’aumento della capacità cognitiva delle macchine, con tanto di riconoscimento sensoriale quale voce e tatto, quando (e se) un giorno un robot umanoide vi si presentasse davanti, con le stesse caratteristiche fisiche e lo stesso cervello, si sedesse al vostro stesso tavolo di un bar, ordinasse qualcosa da bere e vi guardasse negli occhi, pensereste a lui come essere umano o come mera imitazione? Si parlerebbe di razzismo cibernetico se li ritenete diversi e li odiate?
In ogni caso, quegli uomini artificiali che non saprebbero scegliere tra un caffè o un cappuccino perché “non sanno di cosa hanno voglia”, sarebbero umani almeno quanto voi?

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.