Che succede in Ucraina?

 

Kiev vista di notte nelle ultime 48 ore.
Kiev vista di notte nelle ultime 48 ore.

La Rivoluzione arancione fu un movimento di protesta sorto in Ucraina durante le elezioni presidenziali del 21 novembre 2004. Il motivo? I primi risultati vedevano il delfino dell’ex presidente Leonid Danylovyč Kučma, Viktor Janukovyč, in vantaggio. Ma lo sfidante Viktor Juščenko contestò i risultati, denunciando brogli elettorali, e chiese ai suoi sostenitori di restare in piazza fino a che non fosse stata concessa la ripetizione della consultazione. Ciò che in effetti stava accadendo era un processo di intercettazione dei voti elettorali attraverso fibre ottiche, il tutto controllato dal team di esperti di Kučma e Janukovyč: le votazioni “riscritte” in questo modo portarono ad un iniziale vittoria del delfino. Ma la cosa puzzava ed il popolo se ne accorse, anche grazie alle informazioni rilasciate su internet e a dei rappresentanti dell’agenzia di exit poll del KIIS, che dichiararono di aver ricevuto la proposta di 100.000 dollari a testa per non svolgere il loro compito di conteggio nelle zone occidentali dell’Ucraina. La rivoluzione scese così direttamente in piazza come movimento pacifico.
A seguito delle proteste, la Corte Suprema ucraina invalidò il risultato elettorale e fissò nuove elezioni per il 26 dicembre. Questa volta ad uscirne vincitore fu proprio Juščenko, con il 52% dei voti contro il 44% del suo sfidante. Il nuovo presidente si insediò il 23 gennaio 2005.
Il colore arancione di questa specie di rivoluzione è un richiamo al colore antecedente il rosso nella scala cromatica, famoso l’ottobre russo. Serviva appunto ad indicare sia la vicinanza a quel mese per quanto riguardava il tipo di protesta; ma nonostante la rabbia non ci sarebbe stato sangue, come difatti avvenne.

La situazione a Kiev in un momento di stallo.
La situazione a Kiev in un momento di stallo.

Quindi, Juščenko presidente. Fin qui tutto bene giusto? Sbagliato.
Nel 2006, ossia un anno dopo le dimissioni di Janukovyč da Primo Ministro, avviene un connubio politico che nessuno si sarebbe sognato, e che distrugge tutto ciò che la rivoluzione aveva rappresentato: i due ex contendenti alle elezioni presidenziali si uniscono politicamente. In cambio dell’assicurazione da parte di Janukovyč che non avrebbe interferito con le ambizioni filo-occidentali del nuovo Presidente, Juščenko diede a Janukovyč la possibilità di costituire un governo in cooperazione con il suo partito: “Nostra Ucraina”, nato il 3 agosto 2006. Si divisero persino l’intero pacchetto della macchina statale ucraina: i cosiddetti ministeri “umanitari”, come anche l’esercito e la polizia, rimasero capeggiati dagli alleati di Juščenko, mentre i ministeri riguardanti l’economia e le finanze, oltre a tutte le cariche di vice-Primo Ministro, andarono sotto il controllo di Janukovyč.

Un momento della rivolta nelle strade di Kiev, foto di 23 ore fa.
Un momento della rivolta nelle strade di Kiev, foto di 23 ore fa.

Introduciamo qui un altro personaggio, fondamentale per spiegare l’andamento politico: Julija Tymošenko.
Leader dell’Unione di Tutti gli Ucraini “Patria” e del Blocco Elettorale Julija Tymošenko, è stata Primo Ministro dal 24 gennaio all’8 settembre 2005, poi dal 2007 al 2010, ottenendo il titolo di prima donna in Ucraina a ricoprire un ruolo così importante nello scenario politico. Fin qui tutto bene, no? No.
L’8 settembre del 2005, a seguito dell’accordo preso tra i due ex rivali sulla spartizione della macchina statale e sull’evitare il conflitto d’interessi per la nazione patteggiando in ogni campo, Tymošenko si dimette dall’incarico di Primo Ministro. Lei, chiamata la “Giovanna d’Arco” della rivoluzione arancione, non aveva combattuto ed ottenuto il potere per poi essere partecipe di quelle che molti definirono una porcata.
A causa della decisione dell’ex Primo Ministro, il governo non poteva durare a lungo: sempre con l’accordo tra i grandi esponenti della politica di quegli anni, si dovette andare al voto proclamando le elezioni anticipate il 30 settembre 2007. Il 15 ottobre 2007, il Blocco Autodifesa del Popolo-Nostra Ucraina (di stampo conservatore – europeista, facente parte del blocco moderato) e il Blocco Julija Tymošenko giunsero a un accordo per la formazione di una coalizione nel nuovo Parlamento. Il 29 novembre, fu siglata la coalizione tra il Blocco Julija Tymošenko e il Blocco Autodifesa del Popolo-Nostra Ucraina, associato al Presidente Juščenko. Entrambi i partiti sono affiliati con la Rivoluzione arancione. Il 18 dicembre Julija Tymošenko è divenuta Primo Ministro per la seconda volta.
Il problema di mantenere un governo con la sua politica torna però ad essere minacciato dagli interessi di Juščenko verso la Russia: vuole addirittura prendere accordi per un sostegno durante le elezioni presidenziali che sarebbero avvenute nel 2010. Tymošenko, da sempre contraria ad un’apertura con la Russia e favorevole anzi a perseguire accordi con l’Europa, alza la voce nel periodo in cui scoppia la guerra tra la Georgia e la stessa Russia, nel 2008. Venne perciò definita “traditrice” dal Parlamento Ucraino.

Scontri armati a Kiev, foto di un giorno fa.
Scontri armati a Kiev, foto di un giorno fa.

Secondo il Blocco Julija Tymošenko, il Capo Staff del Segretariato Presidenziale Viktor Baloha aveva sempre criticato il premier, accusandola di qualsiasi fatto: dal non essere sufficientemente religiosa al danneggiamento dell’economia, fino alle accuse secondo le quali la Tymošenko stava progettando un assassinio ai suoi danni; l’accusa di tradimento verso la Georgia era quindi solo l’ultima delle ultime rivolte al premier.
Il Blocco Tymošenko non perde tempo: la situazione sta divenendo degna di un regime moderno, pertanto raccoglie voti anche dal Partito Comunista d’Ucraina e dal Partito delle Regioni di Janukovič (nel quale trova un insospettabile alleato ed uno strano interessamento alla causa europea) per limitare i poteri presidenziali ed aumentare quelli di Primo Ministro. Si tratta di un atto totalmente rivoluzionario: il governo era sempre stato un costume di carnevale che il Presidente indossava a piacere e all’occorrenza per farsi vedere in pubblico, mai sarebbe stato altro.
Perciò Juščenko scioglie il governo e dimette il Primo Ministro. È l’8 ottobre 2008. Il 9 dicembre s’insedia in Parlamento il Blocco Lytvyn ed avviene dopo che questo Lytvyn diventa Presidente del Parlamento. In televisione e nelle conferenze stampa Juščenko ritiene quindi inutili le elezioni politiche dopo la caduta del governo, in quanto Lytvyn era già a capo del Parlamento ed il suo blocco era in carica, anche se non in maggioranza completa, subito dopo le elezioni del 2007. Ragionevole, no?

Un manifestante dietro una barricata creata 48 ore fa.
Un manifestante dietro una barricata creata 48 ore fa.

Chi è Volodymyr Mychajlovyč Lytvyn? Fu l’aiutante e poi capo dello staff di Leonid Kučma dal 1994 al 1999; dal 2002 al 2006 fu a capo del Parlamento dell’Ucraina a causa della sua conoscenza diretta con l’ex Presidente ucraino; nel 2008 riuscì ad insediarsi al governo a causa della coalizione che lo vide alleato con l’ex Primo Ministro Julija Tymošenko. È stato implicato nello “scandalo delle cassette” (una nostra specie di Tangentopoli con delle intercettazioni telefoniche, inutile dilungarsi nelle spiegazioni) e nell’omicidio di Georgij Gongadze, giornalista georgiano che stava denunciando la situazione politica ucraina nel periodo di Kučma.
Qualche tempo dopo Julija Tymošenko si presentò come candidata alle elezioni presidenziali, ingaggiando specialisti stranieri per la sua campagna elettorale, esattamente come il suo avversario. La differenza è che lei non adottò anche il sistema propagandistico di pubblicità e manifesti in ogni dove, per lasciare il potere decisionale ai cittadini senza subire alcuna influenza. Al primo turno del 17 gennaio 2010 giunse seconda, ottenendo il 25% di preferenze. Al ballottaggio del 7 febbraio si scontrò con l’acerrimo rivale di sempre Viktor Janukovič, che ottenne il maggior numero di voti, il 48,95%, rispetto al 45,47% della Tymošenko.

Scontri a Kiev, foto di ieri mattina.
Scontri a Kiev, foto di ieri mattina.

Il 5 agosto del 2011 Tymošenko viene arrestata. L’accusa, venuta dal tribunale di Kiev, è di aver stipulato un contratto per la fornitura di gas con la Russia senza il consenso del governo. Una delle tesi sulle ragioni dell’arresto è quella di aver insidiato le rendite degli oligarchi russi del gas. Il motivo più logico era che Julija stesse agendo per il bene dell’Ucraina: votando Janukovič i cittadini avevano votato l’avvicinamento dell’Ucraina alla Russia. Per quanto sbagliata strategicamente la mossa e per quanto avrebbe condizionato nel futuro prossimo le sorti dell’Ucraina, se le accuse fatte nei riguardi della leader arancione sono vere è vero altrettanto che la sua linea politica filo-europea non sarebbe cambiata. Stipulare un contratto con la Russia e andare contro il governo vuol dire solo una cosa: accordi esclusivamente economici, non anche politici e sociali. Significa non considerare la Russia come un’alleata politica. Significa non aderire al progetto governativo, che peraltro metà della popolazione non conosce.
Julija Tymošenko è stata arrestata in aula dove sono scoppiati tafferugli. Alcuni deputati vicini alla Tymošenko hanno tentato di impedire l’intervento dei poliziotti ma sono stati bloccati dalle forze dell’ordine. Uscendo dall’aula l’ex eroina della Rivoluzione Arancione ha gridato “Vergogna! Vergogna!, io ho sempre lavorato nell’interesse esclusivo dell’Ucraina!”. L’arresto ha seguito quello del suo ex ministro degli Interni Jurij Lucenko, detenuto in carcere da tre anni con la medesima accusa. Il giorno successivo, i sostenitori della Tymošenko sono scesi in piazza per protestare contro quello che la “lady di ferro” ha definito un processo politico.
Il giorno 11 ottobre 2011 è stata condannata a 7 anni di carcere per aver esercitato pressioni su un accordo per la fornitura di gas con Putin. Lei ha ascoltato la sentenza “seduta” in tribunale con in mano un I-Pad, annunciando in seguito che farà ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Nell’aprile del 2012, il partito della ex premier ucraina ha diffuso varie fotografie che riprendono la leader dell’opposizione seduta su un letto mentre mostra alcuni lividi che lei afferma esserle stati procurati nel corso di un’aggressione delle guardie carcerarie. Il 29 agosto 2012 la Corte Suprema dell’Ucraina nell’ultimo grado di giudizio ha confermato la condanna a sette anni di reclusione per abuso d’ufficio. A favore dell’ex Primo Ministro ucraino è arrivata la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che il 29 aprile 2013 ha decretato “illegale” la detenzione della Tymošenko.
Tutto questo è la scintilla.
La miccia è stata procurata dagli intenti del Presidente in carica Viktor Janukovič.

Totale servilismo nei confronti della Russia. Questo il nome metaforico che potrebbe spiegare i 15 milioni che Putin “presta” all’Ucraina, alla riduzione del prezzo del gas fornito di un terzo e di 2 milioni di ricavato per gli alti dirigenti responsabili di quel settore, direttamente forniti dagli intrecci economici fra il Presidente e Putin.
Ma gli interessi del prestito, la decisione che Julija annunciava già diversi anni fa come “suicidio civile”, il prezzo del gas correlato a quello che l’Ucraina esporta all’estero (perché l’Europa è tutt’ora l’estero), quindi pagamenti maggiori di import-export; la politica che relega in carcere la Tymošenko, che le elezioni le considera come ultima risorsa, che non informa abbastanza i cittadini, i quali senza internet e l’informazione estera sarebbero perduti e che quindi preannuncia un clima molto simile alla Russia e alla Cina. Tutti questi fattori sono la causa del perché la miccia sta iniziando a bruciare.
Non si può prevedere se la bomba esploderà, se è difettosa o, nel caso poi esploda, chi o cosa colpirà. Sappiamo solo che la rivoluzione arancione ha trovato uno sfogo violento, dopo che il movimento pacifico non ha riscosso la giustizia sperata.
La rivolta di questi mesi divide tutt’ora le masse in tre fazioni: c’è infatti chi combatte per deporre il Presidente ed andare alle elezioni subito, punto comune di altre due fazioni; chi vuole contatti diretti con l’Europa e chi invece vorrebbe continuare il connubio russo, ma in misure più adeguate alla sopravvivenza economica e al miglioramento della vita.
Noi per ora possiamo solo vedere il fuoco divampare per le strade, che circonda più di duemila persone in rivolta contro tutto e tutti. Possiamo solo vedere una guerra civile in fiamme nel gelo di Kiev, mentre l’Europa sta a guardare dopo aver tentato l’Ucraina con le sue offerte e la Russia che tira pesantemente la corda.
Possiamo solo guardare l’Ucraina.
O prenderla come esempio per agire.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.