Il Braccialetto

Mamadou, senegalese, laureato, lavorava in una fabbrica che è fallita, e per assenza di lavoro nel nord dell’Africa, due anni fa è arrivato in Italia. In piazza Duomo svolge la professione di braccialettaio. Con i soldi che è riuscito a portarsi dal Senegal ha peso una casa in affitto, ma i soldi finiscono in fretta se non si trova lavoro, ”così potevo rubare, spacciare droga come dei ragazzi di Milano di altri quartieri, ma piuttosto che quello sto qui e vendo braccialetti […] Che poi non pensate che è così, che lo faccio perché sì, perché la gente quando passa dice Va quel negro che vende braccialetti, ma son tutti così peché non hanno voglia di cecare lavoro; non è vero, nemmeno mi piace, però per vivere oh…”.

Con lui, e il suo amico Hamed, altro senegalese, ci mettiamo a parlare dei loro interessi. Hamed ha studiato francese, e pe vivere vorrebbe insegnare francese o inglese nelle scuole, ma per farlo gli serve un permesso di soggiorno (”ogni volta vado a chiedere, ma mi dicono che devo aspettare, e intanto sto qui a distribuire braccialetti agli altri, faccio da fornitore”) e 5 anni vissuti in Italia. Due anni e mezzo a Milano, un titolo di studio, niente soggiorno e braccialetti da vendere sono per ora il suo bottino.

Mamadou, laureato, ha studiato in Senegal filosofia e letteratura francese, e in Italia, tra un corso per stranieri che sta svolgendo all’Università degli Studi di Milano e i suoi vari interessi, parla della nostra letteratura. ”Mi piace parlare con la gente, i giovani che passano, a volte pure chiedendogli di comprare niente parliamo, ma dagli studenti scopro per esempio che non sanno nemmeno dove sono arrivati in letteratura se glielo chiedo!” E ride, ride perché è il colmo. Parla della Divina Commedia, del Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, cita a memoria l’Indovinello Veronese (e a momenti si scusa peché non si ricorda chi l’aveva scritto), e poi Leonardo Da Vinci, il frazionamento in staterelli dell’Italia rinascimentale, il dominio francese, e poi altro ancora.

Con altri ragazzi come loro si ritrovano in qualche zona di Milano ogni tanto e fanno un ”dibattito”, in cui si parla di tutto, dalla vita alla politica alla filosofia.

E’ pazzesco che gente così debba finire a vendere braccialetti in attesa di un’occasione, e di botto pensi ai politici, ai bimbiminkia, alla cultura del fashion style e di quel senso di vuoto che ti attanaglia le viscere ogni volta che accendi la televisione.

E’ stata una straordinaria parentesi in una bellissima Italia di merda.

Pubblicato da Lorenzo Rotella

Laureato in Filosofia, giornalista de La Stampa.